Le tre impronte lasciate nel Castello
Castel del Monte si trova nel territorio del comune di Andria in provincia di Bari, in Puglia, adagiato su un colle a metà strada tra la cattedrale gotica di Chartres, una delle più belle della Francia, e la piramide di Cheope.
In quel punto, isolato dai centri abitati, racconta una leggenda, vi era un tempio molto antico con al suo vertice una statua sul cui capo era impressa una scritta “il mio capo è di bronzo ma a levar del sole a calendi di maggio sarà d’oro”. La scritta rimase indecifrabile fino a quando un giorno l’enigma fu risolto da un saraceno, il quale il primo di maggio al sorgere del sole iniziando a scavare nel punto in cui era proiettata l’ombra della statua ritrovò un enorme quantità di preziosi e di oro, il tesoro con cui fu costruito il castello.
La prima volta che visitai il castello rimasi colpito dal percorso obbligato nel suo interno, come se il castello imponesse il suo tragitto al visitatore. Ciò che colpì, però, maggiormente la mia attenzione fu quanto nella mia testa stesse succedendo, ovvero immaginarlo al tempo del suo splendore illuminato al suo interno da piccole torce nelle notti e trasformarsi con il suo perfetto disegno geometrico in un labirinto del misterioso e oscuro XIII secolo.
Risulta difficile e quasi non verosimile considerare l’opera di Castel del Monte commissionata da una figura diversa da Federico II di Hohenstaufen “stupor mundi”, tra i principi della terra il più grande, figura misteriosa, amata e odiata, ma soprattutto dominante nel XIII secolo. Studiando infatti la sua persona, i suoi anni di regno e in particolar modo le sue passioni e la sua vita di corte, Castel del Monte diviene parte inscindibile della sua immagine.
In un secolo dove attraverso le costituzioni Melfitane del 1231 Federico pose fine agli abusi dell’aristocrazia terriera che esercitava illegittimamente i poteri giudiziari e fiscali nei domini del suo regno smantellando anche le fortezze e vietando la costruzione di nuove torri e castelli, Castel del Monte risulta opera dell’imperatore costruita in quella parte del regno da lui più amata…..”ogni terrena dolcezza è superata dall’amabilità della sua terra… ricca di fiumi di laghi boschi caprioli cervi orsi…”, anche se la mancanza di documenti sembrerebbe quasi voluta rendendo ancor più misterioso il legame tra Federico II ed il castello.
Nel castello al riguardo, spogliato e depredato dei suoi meravigliosi arredi nel corso dei secoli, non vi è infatti nessuna traccia dell’Imperatore. Basta però un’attenta ricerca per poter rinvenire tre impronte lasciate dall’imperatore nell’antico castello che dimostrano e confermano il legame con la costruzione. La prima di queste impronte è riscontrabile nella sesta sala dove quasi nascosto da un gioco di luce, precisamente nel lato interno della bifora, nella sezione circolare, è scolpito un giglio a 3 foglie con stelo, un’impronta questa caratterizzata da un giglio, quel fiore che si trova in uno dei suoi scritti più celebri : ”ars venandi cum avibus”; e qui l’immagine dell’imperatore che con la mano destra impugna verso l’alto quel fiore che secondo la leggenda gli fu fatale. La prima traccia, il primo legame con l’Imperatore, un simbolo da sempre legato alla sua persona. Ma, ancora, continuando il viaggio all’interno del castello, è possibile rilevare la seconda impronta dell’Imperatore impressa nella costruzione.
Ciò che può essere considerato oggetto di dubbio e di discussione è la somma degli otto lati su cui poggiano i muri perimetrali e i restanti 48 piccoli lati delle torri raggiungendo la sommatoria di 56, gli anni di vita dell’Imperatore, nato nel 1194 a Jesi e morto nel 1250 presso Fiorentino.
Bisogna dire che a Castel del Monte nulla, ma proprio nulla, è stato lasciato al caso. Un altro esempio è dato dal fatto che l’imperatore era considerato immortale, o meglio, secondo la profezia di Merlino il mago, che avrebbe dovuto vivere 267 anni e che, pertanto, il numero 56 impresso nella roccia potrebbe dimostrare l’ultimo omaggio a Federico da parte dei suoi architetti provando, se così fosse, in questo caso, che i lavori del castello furono conclusi subito dopo la sua morte e che dunque l’opera da lui commissionata non vide mai entrarvi la sua persona. Un altro elemento di osservazione è quello dell’ingresso del castello, un ingresso caratterizzato da un meraviglioso portale dalla breccia corallina, da 2 colonne, dai 2 leoni, il primo dei quali con lo sguardo rivolto verso il sorgere del sole al solstizio d’inverno e il secondo con lo sguardo rivolto nella direzione del sorgere del sole nel solstizio d’estate e con un sistema di gradini posti sui lati della costruzione, un sistema che permette a colui che esce dal suo portale di non dare mai le spalle al castello,quasi in senso di rispetto, quasi ci si trovasse in una chiesa o che il castello custodisse qualcosa di veramente sacrale tale da garantirgli il massimo riguardo.
Ed è proprio con tale portale che è individuabile la terza ed ultima impronta dell’Imperatore. Guardandolo di fronte ed immaginandolo diviso in due parti uguali da una linea verticale, appare sul lato sinistro una grande “F” che indica l’iniziale di Federico di Svevia, un’impronta fondamentale dell’imperatore, tanto fondamentale da realizzare i gradini sul lato della costruzione, un sistema di scale che appunto permetteva di uscire dal castello con assoluto rispetto in modo da non dar mai le spalle al suo Signore, a colui che era stato il sole delle genti e del sapere del secolo XIII.