Pupille degli occhi nostri
Dopo lunghi anni di duro lavoro, di tragiche morti nel suo cantiere, di centinaia di viaggi per trasportare i marmi più belli e le colonne più sontuose, i carichi preziosi per ornare quello che adesso sorge tra la fitta vegetazione, tra il verde del bosco, che adesso risplende in cima al colle maestoso costruito dagli uomini, disegnato dai raggi del sole per volontà di colui che fu adorato e temuto, detto stupor mundi e anticristo,per volontà di colui che regnò XXX anni, imperadore, uomo di grande affare e di gran valore, prode e savio in arme, per volontà di colui che fu nostro signore: FEDERICO II IMPERATORE CESARE DEI ROMANI SEMPRE AUGUSTO D’ITALIA, SICILIA GERUSALEMME E ARLES FELICE VINCITORE E TRIONFATORE.
“l’Imperatore faceva erigere palazzi di tale bellezza e vastità e con tale zelo come se dovesse vivere in eterno, eppure non voleva abitarvi mai ed edificò torri e roccaforti sulle cime delle montagne e nelle città, quasi credesse di essere ogni giorno assediato dal nemico. E tutto questo egli fece per mostrare la sua potenza e per imprimere la fama del proprio nome così profondamente nell’animo di ognuno, che mai non potesse cancellarsi la memoria di lui”. (Il cronista di Santa Giustina a Padova).
L’imperatore amava le Puglie, le chiamava “pupille degli occhi nostri”… “ogni tenera dolcezza è superata dall’amabilità della tua terra”… la Capitanata, la zona a nord, le Puglie, quella parte del regno ricco di boschi di latifogli, querce, faggi, con i suoi cinghiali, orsi, cervi, caprioli che riempivano le riserve di caccia dell’imperatore, con i vari parchi, laghetti come quello vicino Foggia dove Federico aveva bonificato prosciugando una palude per fare laghi, dove vi erano uccelli acquatici, aironi, gru, pellicani, che osservava e studiava. Il suo Impero era anche attraversato da un sistema di roccaforti da nord a sud per difesa, potenza e piacere dell’imperatore. La seconda catena di tali costruzioni iniziava a Lucera, colonia dei valorosi e fedeli saracini e passava per Castel del Monte.
La lettera datata 29 gennaio dell’anno dell’incarnazione del Salvatore 1240 veniva inviata dall’imperatore Federico II di Svevia al giustiziere di Capitanata Riccardo di Montefusco : … poiché per il castello che presso Santa Maria del Monte da Noi intendiamo là edificare per mezzo tuo, anche se non si trova nel territorio di tua competenza Vogliamo far subito costruire l’actractum con calce e pietre e tutto ciò che è necessario… essere informati con frequenza sull’andamento dei lavori…
Unico documento su Castel del Monte, chiamato castello presso Santa Maria del Monte, dal nome di un convento benedettino con la chiesa dedicata alla Vergine Maria; infatti il nome attuale comparirà per la prima volta nel 1463 come attesta un decreto di Ferdinando d’Aragona. Unico documento, oggetto di studio e di varie interpretazioni, che nel silenzio dei manoscritti rende ancor più misterioso il castello.
Il punto principale di tali interpretazioni su cui ci si è soffermati è stato il termine actractum. Difatti da esso dipende anche la data di inizio o della fine dei lavori di Castel del Monte. Tale parola può essere intesa come copertura del terrazzo dando l’idea dell’opera finita? O come lastricato del piano terra? Come la pavimentazione del primo piano? Come restauro di una antica dimora? Come recinto dove ospitare gli ospiti con il loro accampamento? Come selciato intorno al castello? Un mistero ancor oggi irrisolto. Inoltre, ci si è chiesto ancora: l’abbazia vicino al castello, luogo di religiosità di preghiera, ma anche luogo dove venivano ospitati i monaci Cistercensi che misero il proprio ingegno al servizio dell’imperatore, era in grado di custodire i segreti del castello?
Per raggiungere il castello distante dai centri abitati, in effetti, occorrevano giorni a cavallo e l’abbazia era luogo ideale per riposare prima di salire sulla collina a riparo dalle fiere nelle notti più buie. Era, dunque, luogo dove venivano, con lunghe conversazioni, svelati alcuni segreti ed impressi col nero inchiostro sugli inaccessibili manoscritti.
In realtà in quegli anni di ristrettezze economiche, durante i quali l’imperatore chiudeva diversi cantieri, come dimostra la lettera datata 17 novembre 1239 indirizzata a Riccardo di Lentini nella quale gli si richiedeva di chiudere cantieri in Sicilia, è da ritenersi molto improbabile l’inizio di un’opera così onerosa come Castel del Monte. La lettera inviata al giustiziere di Capitanata, non a quello di Bari competente per territorio, infatti,dà l’idea piuttosto della fretta dell’imperatore nel far sì che tutto fosse pronto per il suo arrivo, proprio così come in un’altra lettera, recante la stessa data, l’imperatore ordinava di preparare in tutta fretta le case imperiali che si trovavano nel suo territorio, e questo perché assente dalla sua amata Puglia da cinque anni e quindi ansioso di rivederla, ma soprattutto di vedere il suo diadema, Castel del Monte.